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gli Animali

 

Il Maiale

Il maiale nella tradizione popolare:

Fino dai tempi più antichi le carni erano sottoposte a salatura e/o seccatura per la conservazione durante l'anno.

Il maiale più d'ogni altro tipo di carne si presta a questo tipo di lavorazione per arricchire le scorte alimentari dell'anno: insieme a marmellate, conserve di pomodori, funghi secchi, ecc.

Del maiale recita un detto … non si butta via niente! ed, infatti, perfino i suoi zampetti e/o piedini sono ottimi lessati e cucinati in vari modi.

Quando a cavallo fra autunno/inverno si uccideva il maiale, in campagna, era sempre una gran festa cui seguiva una gran cena (ovvio a base di maiale) ove trionfavano le parti più povere ! dai migliacci, a Pistoia si diceva la smigliacciata; ai ciccioli che si facevano con le rape o si lasciavano sciogliere sul pane e/o fette di polenta o su focaccette; allo "strigolo" quella parte sottile che lega le budella e le interiori e che era buttata nella padella di ferro arroventata sul fuoco e lasciato li a rimpicciolirsi dal grasso che perdeva ed era gettato, finche nella padella restavano piccoli pezzetti dorati e croccanti (che scricchiolavano in bocca); tolti dalla padella erano gettati sulla carta gialla (che aveva il compito di assorbire l'ultimo grasso residuo) e mangiati semplicemente con un po’ di sale ed una strizzatina di limone.

Memoria antica - facilmente oggi si trovano i ciccioli; ma non facilmente quelli freschi di una volta, che appena toccavano i rapini bollenti si scioglievano. Difficilissimo trovare lo strigolo (anche se non impossibile).
La tradizione di ammazzare e "lavorare" il maiale nelle fredde e nebbiose giornate di primo inverno è tipico della campagna pistoiese.
Tipicità unica del maiale come insaccato di Pistoia è il biroldo fatto con il sangue di maiale cotto nelle stesse budella.
Esiste anche una versione meno conosciuta il biroldo bianco.
Si salava il prosciutto che per lo più si conserva sotto cenere ed era "incignato" l'anno dopo; si preparava il salame, macinando finemente le carni.
Vera specialità della tradizione è poi il rigatino avvolto e steso con il sottile strato adiposo.
Tagliato con il coltello che mette maggiormente in evidenza il sottile strato magro (da qui il nome rigatino) aromatizzato con la sola aggiunta di sale e pepe.
Ottimo crudo tagliato sottile, indispensabile per la preparazione di un piatto tipico "la frittata con gli zoccoli" Speciale per sughetti da pastasciutta.
Alcuni con le parti più povere facevano la coppa… e infine… che dire delle salsicce!
Con l'impasto fresco della salsiccia, solitamente si spalmavano fette di pane toscano raffermo che erano passate per pochi minuti nel forno a legna o nelle cucine economiche.
Il grasso della salsiccia, colando ammorbidiva il pane che all'esterno formava una crosticina dorata.
Oggi si usa arricchire questa preparazione unendo alle salsicce dello stracchino.
Dopo la lavorazione del maiale, i pezzi ottenuti erano riposti in luoghi adatti, asciutti e ventilati, affinché i prodotti si privassero d'ogni liquido, per così dire "asciugassero" fino a diventare cibo saporito e profumato. Al termine del ciclo di maturazione il prosciutto contiene circa il 21% di grassi ed è ricchissimo in proteine circa il 275.
Il salame circa 30% di proteine e 27-35% in grassi.
Le salsicce mediamente contengono grassi in ragione del 30% del loro peso con circa la metà rappresentata da proteine.
E siccome del maiale non si butta via niente: gli ossi erano asserbati per fare il brodo; alcuni li adoperavano per le minestre di pane ecc. (si conserva bene per circa un mese).
Poi: strutto, lardo e sugna andavano dentro a barattoli e servivano per: ungere scarpe grosse, i geloni di piedi e mani, ed in sostanza tutto ciò che aveva bisogno di essere unto, la sugna, lo strutto e/o lardo per friggere e per cuocere l'arista.
E' bene sapere che nella giornata di lavorazione del maiale si preparano altre specialità: arista sott'olio e fegatelli.



I Ranocchi

I ranocchi…e il fresco vino bianco del Montalbano
In estate una delle "attività" più amate da grandi e piccini era quella di andare a prendere i ranocchi.
Una vera specialità.
Si prestano ad essere cucinati in vari modi.
Una saggia ricetta per i più piccoli, la preparavano le mamme con le cosce delle rane più grosse.
Per ottenere un piatto leggerissimo e digeribilissimo, al contempo ricco di sali minerali, particolarmente di ferro, di gran valore nutritivo.
Si usava soprattutto nel periodo dello svezzamento o poco dopo in speciale modo per quei bambini che risentivano troppo della mancanza del latte materno.
Si prepara un brodino con i posteriori delle rane grosse e pomodoro maturo, sedano, cipolla, carota, zucchine e patate.
Quando il brodino è pronto si aggiunge: semolino o pasta fine.
Per i grandi, la morte dei ranocchi è in frittura.
Dopo averli puliti è consigliabile incrociare le lunghe gambe posteriori, dopo di che si passano velocemente nella farina, poi nella chiara d'uovo sbattuta fino a renderla estremamente voluminosa e schiumosa.
Si gettano nell'olio bollente e si gustano al meglio con contorni di verdure fritte.
Un mangiare tipico delle zone umide erano i pesciolini e i granchietti che a contatto con l'olio diventavano rossi.
Si accompagnava in genere con un fresco vino bianco del Montalbano.

 

 

 

 

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